La mostra “Il presente passato” di Paolo Volta presenta una connotazione morale impregnata fortemente di senso del ricordo, della memoria personale, della dimensione affettiva (ma altresì di quella colta) sin dal titolo.
L’artista, classe 1950, ha infatti inteso rappresentare strade, angoli, palazzi e prospetti della zona medioevale di Ferrara dove ha vissuto negli anni Cinquanta e Sessanta nel contempo con gusto quasi “proustiano” ma con taglio rappresentativo assai icastico.
Mi spiego meglio: il delizioso dipinto “Un angolo di spiaggia” rievoca le sensazioni che Paolo riceveva quando bambino era condotto da un amico più anziano alla Giarina, spiaggia fluviale che fronteggiava Pontelagoscuro. Il percorso da via Capo delle Volte a via Padova era osservato con incanto misterioso dall’ occhio infantile, che trasfigurava il colore del “cotto” delle case viste velocemente e poi lo reinventava eccitato, lo impastava quasi, con quello della sabbia del Po, che comunque ha dato il nome a strade come Camposabbionario e “quella dei Sabbioni”.
I nomi citati in altri titoli sono quelli degli amici che abitavano (o ancora abitano) in via Zemola, via Pergolato, via dei Carri, ma non è poi così utile identificare con precisione millimetrica le case e i palazzi raffigurati, come non è importante sapere se il Corazzari riportato in un altro quadro faceva il bilanciaio o il pittore (quel Renato Corazzari che decorò la trattoria del Pescatore, di fronte alla Scandiana).
A Paolo interessano le associazioni le idee, poter saldare l’antico col moderno, l’autobiografia alla buona pittura, far vedere Ferrara con occhio disincantato e attento, che possa permettere di focalizzare e zoomare su lembi di chiese rossettiane come su prospetti di casseri medioevali, immersi in una calda, quasi accecante luce estiva che evita l’immagine ormai oleografica della nebbia.
Una Ferrara ripresa con infinito amore in piccoli quanto preziosissimi dipinti, particolari e vedute d’insieme cromaticamente e prospetticamente risolti in modo impeccabile, una città crepuscolare e solitaria, con un senso che affonda le radici nella metafisica del quotidiano o di una certa sur-realtà: non quella di De Chirico o di Magritte, ma piuttosto quello del’eccellente pittore ferrarese Antenore Magri, che gli fu parente e che come gallerista egli ha contribuito a ricordare in vario modo.
Spicca il lungo prospetto di via Salinguerra, la stradina del castrum bizantino, che fu cara ai racconti di Bassani: pare quasi di avvertire nel suo piccolo slargo l’eco degli spettacoli di burattini che Paolo Volta ammirava a bocca aperta, con un senso di stupefazione che egli è riuscito miracolosamente a mantenere e a riprodurre in questo ciclo, dove il presente è già passato e il futuro è come cristalizzato, in una città idealmente ricoperta sotto una campana di vetro…
Lucio Scardino